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Birra, oltre la Primavera

By Editoriale

Abbiamo cominciato a parlare di “Primavera della Birra” in Italia quattro anni fa, quando Fondazione Birra Moretti coniò questa espressione per raccontare non solo la ripresa dei consumi, che per altro stava iniziando, ma soprattutto per descrivere il nuovo corso della birra in Italia.

Alla fine di questo 2019, dopo tre anni e 6 diverse ricerche di Osservatorio Birra, condotte da istituti di primaria importanza come Doxa, Althesys e Blogmeter, che hanno scandagliato dimensioni di analisi diverse e complementari fra loro, possiamo affermare con certezza che la Primavera della birra continua. Il settore crea migliaia di posti lavoro aggiuntivi e fa nascere professioni nuove, viene alimentato da nuovi prodotti di grande qualità e varietà e la birra prende sempre più spazio nelle conversazioni degli italiani

Non si tratta di fenomeni congiunturali, perché la birra in Italia è spinta da tre macro-trend di lungo periodo del settore agroalimentare: il localismo, cioè la ricerca di prodotti con identità territoriale definite, l’attenzione alla naturalità e la richiesta di varietà. Se ci pensate, la birra è perfettamente coerente con queste tre tendenze, che per gli italiani a tavola, quando ne hanno possibilità, sono i parametri che guidano le scelte. E la birra, oltre ad essere al 100% naturale e avere qualità eccellente, è accessibile a tutti. È uscita dalla cerchia ristretta dei gourmand e dei beer lovers, diventando anche patrimonio di una platea più ampia.

Gli italiani hanno adottato la birra facendola diventare una bevanda da pasto. Si sta affermando una cultura birraria specifica nel nostro Paese, molto più legata al cibo di quanto avviene altrove. Basti pensare che oltre l’80% dei consumi di birra in Italia avviene a pasto, un fenomeno abbastanza unico nel panorama europeo.

Ma l’implicazione più interessante di questa primavera della birra è che sta generando ricchezza per tutta l’economia italiana. In questi anni Osservatorio Birra ha studiato il valore condiviso generato dalla birra, che misura per la prima volta in Italia, le ricadute a valle e a monte della produzione, fornendo una fotografia completa dell’impatto economico, sociale e occupazionale della filiera birraria italiana.

Dal 2015 al 2018, il contributo alla ricchezza del Paese generato dalla filiera nazionale della birra è aumentato da 7,8 a 9,2 miliardi di euro, pari allo 0,5% del PIL, con una velocità di crescita tripla rispetto a quella dello stesso PIL nel medesimo periodo. E di questa ricchezza beneficia la filiera: l’agricoltura, che fornisce le materie prime, gli operatori della logistica, la distribuzione e somministrazione. Un caleidoscopio di professioni, anche molto specializzate: in tutto, quasi centomila persone vivono grazie alla birra e da questa traggono ogni anno redditi per 2,5 miliardi di euro. Mentre, per converso, il settore della birra restituisce al fisco 4,3 miliardi di euro all’anno di contributi, pari a quasi l’1 per cento di tutte le entrate fiscali nazionali.

La filiera italiana della birra continua dunque ad accrescere il proprio contributo alla ricchezza del Paese. Siamo ormai in presenza di un fenomeno strutturale, ancora più rimarchevole in un contesto economico e sociale che continua, purtroppo, a presentare non poche complessità.

Gli ultimi, lusinghieri, risultati messi a segno dalla nostra filiera birraria sono un risultato degli sforzi compiuti da tutto il settore, dei suoi imprenditori e delle persone che vi operano, dal campo alla tavola. Penso che Fondazione Birra Moretti abbia il merito di aver dato una chiave di lettura inedita, generando una migliore consapevolezza in migliaia di persone comuni, addetti ai lavori e decisori pubblici. Perché la birra è un settore complesso con tanto valore nascosto, che per essere valorizzato deve essere raccontato.

Un sincero grazie a tutti quelli che hanno dedicato attenzione alle nostre attività, i miei migliori auguri di buone feste. Un brindisi con un buon bicchiere di birra, perché no, a un 2020 ricco di grandi soddisfazioni per tutti.

Alfredo Pratolongo

Presidente Fondazione Birra Moretti

Una formazione birraria di eccellenza per rispondere alle esigenze di operatori e consumatori

By Editoriale

Negli ultimi 3 anni il settore della birra è protagonista di una crescita turbolenta, nella quale l’aumento esponenziale della varietà dell’offerta di birre diverse non sempre è accompagnato da una adeguata conoscenza del prodotto.

La primavera della birra in Italia ha dunque fatto emergere la necessità di migliorare la formazione professionale, come anello di congiunzione e fattore chiave per far convergere la crescita quantitativa del settore birrario e il miglioramento della cultura birraria degli italiani.

La necessità di cui parliamo è caratteristica peculiare nel nostro Paese, dove per ragioni storiche la cultura della birra è arrivata in ritardo rispetto ai paesi del centro Europa, ed è rimasta latente fino a quando si è innestata nella nostra cultura alimentare mediterranea. Infatti da noi la birra viene consumata prevalentemente a pasto, in quantità moderate, con attenzione alla varietà e alla qualità più che alla quantità. Fino a qualche anno fa la birra era trattata in modo più indifferenziato, mentre oggi le persone sono interessate a scoprire gusti particolari, ricercano proposte anche diverse tra loro, si interessano, fanno domande, esprimono opinioni basate sulla propria esperienza gustativa. La birra è di tutti, se ne può parlare senza essere un sommelier, e gli italiani ci hanno preso gusto! Le birre sono entrate nelle conversazioni e nella convivialità del Belpaese.

Ovviamente tutto questo interesse ha anche dei rischi. In mancanza di una formazione adeguata, in primis fra gli addetti ai lavori, il rischio è che la crescita dell’offerta di stili e di birre finisca con il provocare confusione e che la superficialità generi indifferenza. Facciamo un esempio: se un consumatore medio si trova in un punto di consumo e riceve una carta con tante birre diverse, può anche rimanere disorientato a fronte di decine di descrizioni tecniche, che non sempre aiutano nella scelta. Ed è qui che interviene il professionista che, se ha ricevuto una formazione adeguata, è perfettamente in grado di consigliare e    spiegare i differenti stili birrari in modo semplice, alimentando così un circolo virtuoso di diffusione delle conoscenze birrarie.

Abbiamo voluto approfondire questo argomento con chi accoglie e serve i clienti nei migliori ristoranti in Italia, attraverso una ricerca che ha coinvolto quasi 100 associati di Noi Di Sala, associazione nazionale che si propone di diffondere e promuovere la cultura dell’accoglienza e del servizio nell’ambito della ristorazione in Italia. Nelle prossime pagine riportiamo i risultati, ma la sintesi è abbastanza chiara: 8 restaurant manager su 10 vogliono migliorare la conoscenza professionale della birra e ben l’85% afferma che, quando deve assumere nuovo personale, ha difficoltà a trovare persone formate e con le giuste competenze in tema di birra.  Il settore birrario sta esprimendo alcune risposte a queste richieste, nel 2019 a Milano è nata Università della Birra, un innovativo centro didattico che si pone come autorevole centro di divulgazione di conoscenze rivolto agli operatori della filiera della birra, operanti sia nel canale Ho.Re.Ca. (distributori e punti di consumo) sia nella distribuzione moderna (buyer).

La formazione copre tutte le discipline comprese nell’arte della birra: cultura birraria, per conoscere i segreti e le tecniche produttive di un prodotto dalla storia millenaria e in continua evoluzione; competenze commerciali, per acquisire le dinamiche di un sistema di vendita professionale; gestione aziendale, per migliorare le competenze manageriali grazie a un programma sviluppato in collaborazione con la LIUC Business School dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza (Varese).

La formazione professionale degli addetti ai lavori è il primo, decisivo, passo per avviare un circolo virtuoso che porti, ad ogni livello, benefici alla filiera birraria italiana. Dai manager dei grandi ristoranti ai punti di consumo a gestione familiare, fino al cliente, la voglia di cultura birraria è una esigenza.

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

Birra, il lavoro del futuro

By Editoriale
  • In 2 anni la filiera italiana della birra ha creato 4.400 nuovi posti di lavoro
  • In Italia ci sono 871 birrifici (+71% negli ultimi 6 anni)
  • 2,47 miliardi di euro all’anno di stipendi dalla industry della birra
  • Il 50% degli addetti ha oltre 10 anni di anzianità: una promessa di stabilità che piace ai giovani
  • L’85% delle aziende reputa la formazione una leva strategica. Ma in Italia ci sono poche opportunità. Per questo arriva Università della Birra

In un Paese che stenta a garantire nuovi posti di lavoro l’industria della birra va in controtendenza: dal 2015 al 2017 gli occupati sono aumentati di 4.400 unità (+5%). Più del doppio rispetto all’andamento medio nazionale (nello stesso arco di tempo, dati Istat, l’occupazione in Italia è cresciuta di circa il +2%). Ogni giorno, dunque, nel settore della birra trovano lavoro almeno 6 persone.

Il dinamismo del mercato del lavoro legato alla birra – che conta 92 mila addetti lungo l’intera filiera – cresce in modo proporzionale alla ricchezza e alla diversificazione delle sue figure professionali: tecnologo alimentare, responsabile analisi qualità, ingegnere chimico alimentare, digital innovation manager, mastro birraio, sommelier della birra…

Le professioni che ruotano attorno alla birra sono tante e “insospettabilmente” moderne, ma non sono ancora abbastanza conosciute e percepite. Per questa ragione l’Osservatorio Birra di Fondazione Birra Moretti ha commissionato ad Althesys la ricerca “Le (insospettabili) professioni della birra”, realizzato intervistando direttamente i protagonisti della filiera e lavorando su un campione rappresentativo di quasi 7mila dipendenti.

La ricerca, presentata il 19 giugno scorso in occasione dell’appuntamento “HEINEKEN Incontra”, conferma quanto la crescita occupazionale del settore birrario nazionale sia strutturale e non episodica: oggi in Italia sono presenti 871 birrifici tra grandi brand e piccole aziende (nel 2013 erano 503). Queste aziende e quelle che compongono l’intera filiera hanno creato, nel 2017, creato 3,5 miliardi di euro di valore aggiunto, dei quali ben 2,5 miliardi destinati alla remunerazione lorda dei lavoratori.

Il settore è solido – in Italia operano i maggiori player internazionali della birra – e caratterizzato da un’alta anzianità lavorativa: il 50% degli occupati ha oltre 10 anni di esperienza. Segnali di stabilità che non possono non piacere alle nuove generazioni, per le quali la birra rappresenta un’opportunità concreta di “lavoro del futuro”.

La filiera della birra è lunga e ricca nelle sue articolazioni, va dalla produzione delle materie prime al servizio finale. E richiede quindi conoscenze, competenze, formazione, agilità di apprendimento, imprenditorialità. Inoltre, secondo i protagonisti della filiera, i trend che ne caratterizzeranno il futuro a livello occupazionale saranno, in primo luogo, la sostenibilità, l’innovazione digitale e lo sviluppo di nuovi gusti. Quest’ultimo punto si lega a doppio filo con la progressiva evoluzione dei gusti degli italiani sulla birra, sempre più aperti alla sperimentazione e alle novità. Tale evoluzione è stata innescata, a sua volta, dal forte impegno di tutto il comparto per promuovere la cultura birraria nel nostro Paese. Un impegno che vede la Fondazione Birra Moretti in prima fila.

Infine, la ricerca condotta da Althesys rivela quanto la formazione sia considerata dalle aziende della filiera un asset determinante per il successo: ben l’85% degli intervistati avverte l’esigenza di investire in questo senso. Sull’offerta formativa italiana in ambito birrario, però, lo studio indica come esista tuttora un gap rilevante rispetto alla domanda, con poche possibilità formative, ad eccezione di alcuni corsi universitari, per chi voglia fare della birra la propria professione.

Per questo motivo, HEINEKEN Italia ha lanciato Università della Birra che, con lo slogan “imparare sul campo”, offre ai professionisti del settore un approfondimento teorico e pratico sui fondamentali del mondo della birra, dalle materie prime alle dinamiche di mercato.

Si tratta di un traguardo importante ma, soprattutto, di un nuovo punto di partenza per lo sviluppo e la diffusione della cultura della birra ad altissimi livelli, attività che come Fondazione Birra Moretti portiamo avanti dal 2015. Siamo profondamente convinti che, anche grazie a questa attività, la birra made in Italy darà non solo al settore ma al nostro Paese nuove, grandi soddisfazioni.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

L’alta cucina del futuro ha adottato la birra come fonte di creatività

By Editoriale

Può un semplice premio culinario essere indice di un cambiamento della cultura birraria in Italia? A giudicare dalla qualità crescente dei piatti che abbiamo assaggiato negli ultimi 8 anni, possiamo dire decisamente di sì.

Uso il plurale perché non sono solo io a dirlo, ma lo possono confermare anche i membri della giuria del Premio Birra Moretti Grand Cru che hanno partecipato a molte edizioni, come il Presidente Claudio Sadler, Andrea Berton, Marco Reitano o Viviana Varese, che insieme ad altri famosi chef e sommelier dei più rinomati ristoranti stellati italiani hanno giudicato, nel corso delle 8 edizioni di questa competizione, le oltre 1400 ricette proposte dai 1172 giovani chef under 35 italiani.

Nelle prime edizioni solo alcuni dei piatti che arrivavano in finale erano perfetti, altri avevano errori, erano mal concepiti o poco equilibrati. Poi nel tempo il livello medio è cresciuto di molto, e nelle ultime 2 edizioni tutti i finalisti hanno proposto ed eseguito piatti eccellenti.

I sei finalisti dell’ottava edizione del Premio hanno tutti presentato proposte di altissima qualità, nelle quali la birra ha recitato splendidamente il ruolo di protagonista insieme ai piatti della nostra tradizione gastronomica. E le loro proposte hanno tutte incontrato il pieno gradimento, e dunque i voti altissimi, della giuria.

Quindi, a giudicare dalla grande crescita della capacità dei giovani chef italiani di usare la birra in ricettazione e in abbinamento, possiamo dire che l’Italia dell’alta cucina di oggi e di domani ha adottato la birra come fonte di creatività, come sfida e come elemento di successo.

Come fonte di creatività perché la birra in cucina aggiunge senza togliere niente. Come sfida perché cucinare (bene) usando la birra come ingrediente è difficile, molto difficile. Come elemento di successo perché chi ha vinto il Premio Birra Moretti Grand Cru ha beneficiato di visibilità, e non solo per essere stato esposto ad una giuria pluristellata. Chiedete ai primi tre vincitori delle passate edizioni – Giuliano Baldessari, Luigi Salomone e Christian Milone – che hanno successivamente ottenuto la loro prima stella Michelin.

Il Premio Birra Moretti Grand Cru si è dimostrato una piattaforma capace di scoprire talenti emergenti, e la birra si integra nelle scelte delle prossime stelle della cucina italiana di autore.

Il talento dei giovani chef italiani ha consentito di raggiungere gli obiettivi che hanno fatto nascere il progetto di FBM: promuovere la diffusione nel nostro Paese della cultura della birra a tavola; contribuire concretamente alla crescita professionale di giovani meritevoli, che muovono i primi passi in un settore tanto affascinante quanto competitivo.

Buona lettura e buona birra a tutti.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

Sempre più Italiani al ristorante scelgono la birra

By Editoriale

Cosa pensano, dicono, chiedono, vogliono sapere gli Italiani al ristorante quando ordinano una birra?
In generale, ne vogliono sapere di più.

A volte sono esperti, più spesso curiosi di conoscere un “universo” di cui intuiscono la ricchezza e che, per questo, vogliono poter apprezzare sempre meglio. Nelle sue tantissime sfaccettature di gusti, di sensazioni, di emozioni; nella sua straordinaria capacità di abbinarsi alla più ricca tradizione gastronomica del mondo, la nostra.

È questo l’identikit che emerge dalla recente ricerca “Una birra, per favore!”, realizzata con oltre 200 importanti ristoranti italiani grazie alla collaborazione tra Fondazione Birra Moretti, Noi di Sala (l’associazione che raggruppa i professionisti di sala e di cantina) e ASPI, Associazione della Sommellerie Professionale Italiana.

Sommelier, Maître e Camerieri ci dicono che il maggior numero di clienti che ordinano birra ha fra 30 e 45 anni, che la richiesta di birre speciali supera ormai quella della classica “birra chiara”, che la birra viene servita come aperitivo, in abbinamento con tutte le portate e, anche, a conclusione del pasto. Testimoniano come stia aumentando il numero sia di chi sa già quale birra vuole e perché, sia di coloro che fanno domande e chiedono consigli per consumarla e abbinarla correttamente con i piatti ordinati. Non a caso, ormai, quasi 7 clienti su 10 chiedono se ci sia anche una carta delle birre.

E al crescere della domanda, come sempre, l’offerta risponde: un ristoratore su due, negli ultimi 6 mesi, ha aggiunto nuove birre in carta. E c’è anche un 7% che dichiara di aver raddoppiato, o addirittura triplicato, il numero di referenze disponibili.

Sono risultati importanti per il nostro settore, dal momento che – come abbiamo avuto modo di dire commentando lo studio di Osservatorio Birra  “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia” – tre quarti del valore condiviso generato dalla birra italiana (pari a quasi 6 milioni di euro) vengono da bar, pub, ristoranti e pizzerie. Ma sono importanti soprattutto perché confermano quanto stia cambiando, e si stia affinando, il nostro “palato collettivo” nei confronti di una bevanda che, sempre più numerosi, gli Italiani dimostrano di amare.

Sono anche, questi risultati, il viatico migliore per vivere insieme questo 2019, all’insegna del gusto e della cultura della birra.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

La primavera della birra continua

By Editoriale

Sboccia il Italia la primavera della birra: così, nell’aprile 2017, commentavamo i risultati dello studio “La birra piace sempre più agli italiani” realizzato dalla Althesys per conto dell’Osservatorio Birra della Fondazione Birra Moretti. Tutti i numeri del settore erano infatti positivi: produzione, consumi, livelli di apprezzamento da parte degli italiani, valore economico, sociale e occupazionale.

Giunti al termine del 2018, possiamo dire che la primavera continua. L’ultima conferma è venuta dallo studio di Althesys “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, di cui abbiamo parlato nella scorsa newsletter (e sul quale torniamo in questa): in due anni il consumo di birra è arrivato a 19,6 milioni di ettolitri (+4,9%) e la produzione a 15,6 milioni (+11,3%). E, fatto ancor più significativo, è cresciuta (+11,3%) la ricchezza prodotta dall’intera filiera: quasi 9 miliardi di euro nel 2017.

Che la crescita della birra nel nostro Paese possa configurarsi come un fenomeno strutturale, ce lo confermano altre ricerche promosse recentemente dall’Osservatorio. Oggi bevono birra – sempre nel segno di un consumo moderato e responsabile – 8 italiani su 10, un terzo in più di dieci anni fa. E con la “voglia di birra” aumenta la curiosità di esplorarla in ogni sfaccettatura: ormai il 70% degli italiani beve anche birre speciali, quell’universo di sapori, profumi, colori e ingredienti (dalle Ale alle Blanche, dalle Bock alle IPA) che va oltre la classica birra chiara.

Senza falsa modestia, ci piace credere che Fondazione Birra Moretti abbia contribuito allo sbocciare e al protrarsi di questa stagione favorevole della birra in Italia, perseguendo la missione che si è data quando fu costituita tre anni fa: elevare e diffondere nel nostro Paese la cultura della birra a tavola.

L’impegno che ci assumiamo per il 2019, e non solo, è di continuare a promuovere e ad accompagnare la crescita di una cultura della birra sempre più informata e consapevole, lavorando sui fattori che generano un impatto positivo sulla nostra vita culturale, economica e sociale del Paese.

Grazie a tutti per averci accompagnato nei primi mesi di vita di questa newsletter, tanti auguri sinceri di buone Feste e un brindisi al 2019, che sia ricco di soddisfazioni.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

Cresce in Italia la cultura della birra. E con lei cresce la ricchezza creata dal settore

By Editoriale

Una volta il solo pensare ad un abbinamento tra birra e piatti della nostra tradizione mediterranea sarebbe stata considerata un’eresia. Qualcosa di stravagante e perfino un po’ provocatorio. Oggi non più: questo matrimonio non soltanto “s’ha da fare”, ma viene celebrato quotidianamente da milioni di Italiani.

Lo dicono le statistiche: più di 4 italiani su 5 (l’82%), intervistati per l’indagine Doxa “Gli italiani e le birre speciali” commissionata dall’Osservatorio Birra, ritengono che le birre, “soprattutto ora che ce ne sono molte tipologie, di diversi gusti e con diverse gradazioni alcoliche” siano “perfettamente adatte al cibo e alle ricette tipiche della dieta mediterranea”.

Lo conferma il dato sulla ricchezza che la birra italiana genera nel nostro Paese. È quanto rivela l’ultimo studio realizzato per conto dell’Osservatorio Birra da Althesys, “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”: in soli due anni, dal 2015 al 2017, la ricchezza generata dall’intera filiera (il valore condiviso, appunto) è arrivata a sfiorare i 9 miliardi di euro, un miliardo (e il 13%) in più rispetto alla precedente rilevazione.

È evidente: quando cresce la cultura e la conoscenza e della birra, aumenta il valore economico generato. E che la cultura e l’apprezzamento della birra siano in crescita è sotto gli occhi di tutti. Solo tre esempi, fra i numerosi possibili:

  • proliferano i locali che portano in tavola le carte delle birre, suggerendo gli abbinamenti ideali con le pietanze;
  • sempre più numerosi sono gli endorsement di chef, anche pluristellati (Claudio Sadler, Carlo Cracco, Giancarlo Morelli, Andrea Berton e Giancarlo Perbellini, solo per citarne alcuni), che promuovono la birra sia come ingrediente di ricettazione sia in abbinamento;
  • cresce l’importanza che il prodotto sta acquisendo per i sommelier, una categoria professionale strategica nel trasmettere la cultura birraria, guidando gli italiani a un consumo legato alla qualità e al piacere della tavola.

Sono fenomeni che non devono sorprendere. Solo nel nostro Paese, infatti, la birra è una bevanda da pasto. Nel resto del mondo, viene semplicemente bevuta. Non sempre come accompagnamento al cibo.

Abbiamo dunque cominciato ad acquisire maggiore conoscenza delle diverse caratteristiche organolettiche presenti nelle birre. Ma degustare e riconoscere le sfumature dei sapori delle birre non è così semplice come potrebbe apparire. Possiamo dire che, oggi, il “palato collettivo” degli italiani si sta allenando alla scoperta di nuovi gusti e sapori.

Diffondere ulteriormente la cultura birraria in Italia è il compito che, come Fondazione Birra Moretti, intendiamo portare avanti. Siamo infatti convinti che la conoscenza della birra sia la più importante via di accesso al suo migliore godimento a tavola.

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

Dalla birra fuori casa l’ennesima conferma della sana “voglia di convivialità” italiana

By Editoriale

Si possono usare chiavi diverse per spiegare il valore nel nostro Paese del consumo di birra fuori casa.

La prima è economica. Attraverso i canali Ho.Re.Ca. (acronimo, ereditato dalla lingua francese, di Hotellerie, Restaurant e Café, o Catering) sono stati venduti nel 2015 circa 7,8 milioni di ettolitri di birra (il 41,5% del totale nel nostro Paese) generando quasi 6 miliardi di euro, pari a quasi tre quarti dei ricavi totali del mercato birrario nazionale.

La seconda chiave è occupazionale. Si calcola che lungo la filiera birraria dedicata all’Ho.Re.Ca., i lavoratori dipendenti ricollegabili al prodotto birra siano quasi 75.400: più del 10% del totale (687 mila) impiegato dall’intero settore e composto – inoltre – sempre più da giovani (nel 2015 il 33,7% aveva meno di 30 anni e l’82,8% meno di 50).

Ma c’è un’ultima chiave, non per importanza, che vogliamo qui sottolineare: quella sociale, o sociologica, relativa alla “voglia di convivialità” tutta italiana della quale il consumo di birra fuori casa rappresenta l’ennesima conferma. Il nostro Paese infatti, in netta controtendenza rispetto a buona parte del resto d’Europa, anche in tempi di crisi ha mantenuto sostanzialmente stabili i consumi di generi alimentari fuori casa, a fronte del forte calo registrato da quelli domestici (-18,3 miliardi di euro fra il 2007 e il 2015).
Segno che gli italiani non vogliono rinunciare a quello che trent’anni fa il sociologo statunitense Ray Oldenburg, riferendosi al mondo dell’Ho.Re.Ca., definì il “terzo luogo”, cioè il contesto in cui ognuno di noi, al di fuori della famiglia e del mondo del lavoro, ritrova il senso della comunità: “Un territorio neutrale, il cui accesso è facile e gradevole e dove la principale attività che vi si svolge è quella del conversare”.

Che la birra presidi questo “terzo luogo” da protagonista è quindi una realtà.
E il fatto che lo faccia con modalità virtuose (gli italiani sono i consumatori di birra più moderati d’Europa e 8 volte su 10 la bevono a pasto), ci pare un segnale ancora più importante.
Per il settore birrario, certo. Ma, forse, anche per il nostro Paese.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

La birra in Italia: analisi di un trend in crescita, sotto il segno della cultura mediterranea

By Editoriale

Cresce e si evolve la tendenza birra nel nostro Paese: aumentano gli estimatori del prodotto e sempre più italiani la considerano adatta alle nostre abitudini alimentari. Un fenomeno che oggi vogliamo analizzare attraverso 3 concetti chiave: moderazione, curiosità, varietà.

Moderazione: perché se da un lato negli ultimi 10 anni la base dei consumatori di birra nel nostro Paese è cresciuta del 34% (oggi la bevono 8 italiani su 10, nel 2008 erano 6 su 10), dall’altro è rimasto sostanzialmente invariato il consumo pro capite, stabilmente al di sotto dei 32 litri annui (meno della metà della media UE di 70 litri).

Curiosità: forse proprio perché non vantiamo una cultura birraria paragonabile a quella di altri Paesi dalla tradizione brassicola più consolidata, in Italia la voglia di birra cresce di pari passo con il desiderio di esplorarla in tutte le sue sfaccettature, nel segno di una “sete di conoscenza”. Accanto alla classica chiara, come rivelato dall’ultima ricerca Doxa per l’Osservatorio Birra Moretti, si affermano sempre di più le cosiddette birre speciali, amate ormai dal 70% dei nostri connazionali, che – in un ideale “viaggio nel gusto” – partono dalle lager per poi sperimentare un universo di sapori, profumi, colori e ingredienti più particolari (dalle Ale alle Blanche, dalle Bock alle IPA e così via).

Varietà: sugli scaffali dei supermercati nella grande distribuzione, oggi in media trovano spazio 133 referenze di birra. Di queste, oltre il 60% sono birre speciali e ci fa piacere sottolineare quanto gli italiani le considerino complementari alle lager: 6 connazionali su 10, infatti, bevono entrambe le tipologie, alternandole anche in base all’occasione di consumo.

Da questo scenario positivo deriva una importante conseguenza, trasversale rispetto agli altri temi: gli italiani consumano la birra a pasto. A differenza della gran parte degli altri Paesi europei (in cui la birra viene semplicemente bevuta),  per l’82% degli italiani, la birra, o più correttamente “le birre”, sono infatti adatte ai piatti della dieta mediterranea e cresce il desiderio di abbinarle con le pietanze che portiamo sulle nostre tavole.

Possiamo quindi guardare alla crescita del settore birrario nel nostro Paese con un sorriso. Consapevoli che la direzione intrapresa da Fondazione Birra Moretti per valorizzare la cultura birraria è quella giusta perché è coerente con la cultura italiana e perché questa crescita sta avvenendo sotto il segno di un consumo intelligente, moderato e mediterraneo.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti

Parlare di Birra fra Amici

By Editoriale

Da qualche anno, in Italia, non c’è cena o aperitivo con gli amici in cui non capita di scambiare almeno una battuta o una riflessione sulla birra. Tutti ne sanno qualcosa: un po’ più di ieri, ma forse non ancora abbastanza per avventurarsi, con sicurezza, in un discorso su stili e abbinamenti con la nostra cucina tipica mediterranea.

Ecco perché abbiamo deciso di dar vita alla newsletter della Fondazione Birra Moretti, che nasce per raccontarvi ogni mese qualcosa d’interessante sul mondo e sulla cultura della birra. Un mondo che, grazie all’interesse crescente degli italiani, sta diventando anche un mercato sempre più innovativo e interessante.

Dopo un periodo sostanzialmente piatto dal 2008 al 2014 il mercato della birra sta vivendo un momento di crescita che sta facendo registrare numeri record in linea con i livelli pre-crisi.

I consumi crescono grazie anche a una percezione sempre più positiva e condivisa del prodotto. Nel nostro Paese, infatti, la reputazione della birra è la più solida in Europa e, secondo uno studio realizzato dal Reputation Institute per Brewers of Europe nel 2016, raggiunge un punteggio di 78,2 punti contro una media europea di 65 punti.

Da bravi italiani la prima operazione che abbiamo fatto è stata quella di mettere subito in relazione la birra con il cibo: alla nostra maniera, mescolando curiosità e originalità, per andare subito a tracciare una via “mediterranea” degli abbinamenti con la birra. Del resto questa non è una novità: in una recente ricerca su 2.800 consumatori europei condotta da Doxa per Unione Italiana Food (marzo 2017) emerge infatti che in Italia passiamo il doppio del tempo rispetto agli altri Paesi ad informarci – e a parlare – di ciò che mangiamo e beviamo.

Ormai – nel pieno di un trend positivo della birra –  ci capita di stupirci se un ristorante o una trattoria di livello non hanno una carta delle birre accanto a quella dei vini. Al contrario, ci siamo piacevolmente abituati al fatto che lo spazio dedicato alla birra negli scaffali dei supermercati sia cresciuto, con centinaia di birre che – a dire il vero – ogni tanto ci mettono in confusione, ma anche tanta allegria, con le etichette che raccontano storie millenarie da ogni paese del mondo.

L’obiettivo di FBM è continuare a migliorare la cultura della birra in Italia, e la cultura passa attraverso la curiosità e la conoscenza.

 

Alfredo Pratolongo
Presidente Fondazione Birra Moretti