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Secondo una ricerca realizzata dall’Istituto Piepoli per l’Osservatorio Birra, la birra vince la Palma d’oro di bevanda socializzante per eccellenza per il 48% degli italiani, battendo un’istituzione come il caffè (14%), ma anche il vino rosso (10%), lo spumante (8%) e il vino bianco (5%). L’antropologo Marino Niola* rivela che da sempre dove c’è birra c’è fermento e dove c’è fermento c’è convivialità… che è la base stessa della civiltà.

“Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che fra poco mi farò una birra”. Le parole di Homer Simpson rivelano, a modo loro, che la birra ha qualcosa di sacro che la accompagna da sempre. E la rende speciale, legandola a momenti di gioia, di festa, di condivisione. Non a caso gli antichi dei della birra erano anche dei dell’ospitalità. Come Radigost, venerato nell’Europa centrale, tra Germania, Polonia e Repubblica Ceca, il cui nome significa letteralmente “ospite lieto”. Ed era il protettore delle comunità, degli stranieri, dei viaggiatori, dei commercianti. Che, con le parole di oggi, definiremmo fattori di mobilità, di effervescenza, di scambio.

Ma anche Gambrinus, celeberrimo dio germanico, oltre che grande bevitore e mastro birraio di Carlo Magno, fu il fondatore del porto di Amburgo, il maggior centro di traffici dell’antico mondo germanico e scandinavo e ancora oggi tra i più animati scali mondiali. Oltre che patria dell’Hamburger Bier, rinomatissima in tutta Europa fra il Cinquecento e i Seicento per la sua eccellenza. Lo stesso dicasi per Aegir, il dio del mare dei Vichinghi e di altri popoli nordici, che era famoso per la sua ospitalità, ma anche per la magia dei suoi boccali, che si riempivano da soli. In altre parole, i suoi ospiti non restavano mai a bocca asciutta.

Insomma, da che mondo è mondo, dove c’è birra c’è fermento e dove c’è fermento c’è convivialità. Che è la base stessa della civiltà. Nella storia di Gilgamesh, che è l’Ulisse dell’antico Medio Oriente, l’eroe civilizza Enkidu, un essere selvaggio e asociale, facendogli conoscere la birra. Siamo nel 2600 avanti Cristo. Di fatto, da migliaia di anni questa bevanda è simbolo di armonia e di allegria, di convivenza e di coesistenza. Molto probabilmente la produzione della birra è stata addirittura il fattore che ha determinato il passaggio di noi umani dal nomadismo alla sedentarietà e dalla caccia all’agricoltura. Perché solo stando fermi era possibile coltivare i cereali necessari alla produzione della bevanda. Anche per questo i Romani la chiamavano cervogia, da cui cerveza spagnolo, dal nome di Cerere, dea dei cereali. Come dire che la birra è lo switch della storia umana.

Nel corso dei secoli la birra continua ad essere la bevanda sociale, legata a momenti di esaltazione rituale, ma anche un fattore di benessere quotidiano, di amicizia, di apertura all’altro. È per questo in fondo che viene considerata sacra. Perché bevendola insieme si celebra il legame sociale. Ecco perché, con la modernità, diventa la bevanda democratica, quella dei lavoratori, degli amici, dei compagni che condividono la fatica ma anche il riposo, lo svago, la festa.

Di solito viene considerata in antitesi rispetto al vino. O una sorta di esclusiva del mondo nordico. Ma in realtà il succo dei cereali è da sempre anche una bevanda mediterranea. E proprio il suo legame con grano, orzo, luppolo ne fa un elemento caratterizzante della Dieta Mediterranea.
Ai nostri giorni la birra si conferma un lievito della socialità, dello stare in compagnia, diventando protagonista dei nuovi riti della condivisione. Il brunch, l’aperitivo, la partita in tv.

E anche adesso che il legame sociale è in sofferenza a causa della pandemia, la birra conferma il suo valore conviviale. Nei mesi del lockdown gli italiani, non potendo guardarsi e toccarsi, lo facevano brindando affacciati ai balconi. O bevendo insieme ma in remoto.

In fondo una birretta a qualunque ora ci scrolla di dosso il peso dell’esistenza e ci rinfresca il gusto della vita. Per questo è il credo degli Homer Simpson sparsi per il mondo.

 

Marino Piola

Antropologo della contemporaneità
condirettore MedEatResearch,
Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli