In tutte le nazioni, nel corso degli ultimi quattro decenni del secolo scorso, si è diffusa la ristorazione cinese e la sua cucina è divenuta punto di riferimento delle abitudini gastronomiche di centinaia di milioni di persone. Si è trasformata da “scelta originale” a “consuetudine sociale”.
Il nostro viaggio, tra ottima cucina e perfetti abbinamenti birrari, prosegue tra grandi classici come gli “Jaozi” tipici ravioli al vapore, gli “Involtini primavera”, il “maiale in agrodolce”, il “pollo alle mandorle” il “riso alla Cantonese” o “l’anatra alla pechinese”. Per spaziare poi nelle cucine regionali cinesi o fra le specialità dello Sichuan, servite nelle Hot Pot per finire con le crêpes cinesi “jianbing” o il celebre “roujiamo” una versione cinese di panino con carne, la cui origine risale a oltre 2.000 anni fa e rimane uno dei cibi di strada più popolari del paese.
Le birre in abbinamento sapranno esaltare e accompagnare ogni boccone con la delicatezza o la forza, con la pienezza o l’originalità dei profumi, sempre con carattere, per vivere un’esperienza gastronomico-brassicola irrinunciabile. Una premessa importante è che tutte le birre si caratterizzano per lo “Stile”. Esistono stili espressamente tedeschi o belgi, ma in teoria li può realizzare qualsiasi produttore in ogni angolo del pianeta, purché abbia gli elementi e le competenze necessari. Occorre sempre tenere presente che lo stile nasce dal tempo e dal lavoro dell’uomo.
In Italia la cucina cinese approda per la prima volta nella Capitale e, precisamente, in via Borgognona dove, nel 1949, apre il ristorante Shanghai. Bisogna attendere gli anni ‘60 per lo sbarco dei cuochi cinesi in una Milano che apriva le sue porte a specialità gastronomiche diverse da quelle lombarde. “Da oggi anche Milano può considerarsi una metropoli a livello internazionale, così non era fino a domenica scorsa. Perché nessuna città può aspirare a quella gloriosa qualifica se non possiede un ristorante cinese”. Così scriveva il “Corriere dell’Informazione” nell’ottobre del 1962, riferendosi al ristorante “La Pagoda” di via Fabio Filzi.
Giungiamo ai giorni nostri con la diffusione capillare della cucina cinese e, soprattutto, con la possibilità di gustare i piatti principali delle più importanti regioni gastronomiche.
Dunque, partiamo per la Cina iniziando da una delle province che maggiormente esaltano i sapori e le spezie. Quella del Sichuan. In questo territorio la cucina è caratterizzata dai “Sette sapori”. Uno dei piatti tipici è il “Sichuan Hot Pot”: al centro del tavolo si pone una pentola con brodo mantenuto caldo, nel quale immergere carne, frutti di mare, verdure, tofu, funghi e i gli spaghetti fatti a mano o gli gnocchi. A insaporire, le salse più o meno piccanti. Sapori decisi e ben bilanciati. Abbiniamo una birra morbida, di un certo corpo che sviluppa note floreali e di cereali: la “Monchshof Original” profumi freschi e corpo rotondo. Della medesima azienda tedesca, anche la “Monchshof Bockbier” si presta a questo pairing gastronomico, grazie al suo sapore brillante e dal corpo asciutto. Un sorso equilibrato tra il dolce e lo speziato, che ben accompagna spezie e il celebre “Pepe di Sichuan”.
Proseguiamo con una cucina, meno conosciuta, ma di grande soddisfazione al palato, quella della città di Xi’an, capoluogo della provincia di Shaanxi, nella Cina Centrale, celebre per il patrimonio archeologico del cosiddetto “Esercito di Terracotta”, conosciuto in tutto il mondo. La cucina di Xi’an è una delle più rinomate con piatti che hanno origini lontane nel tempo e nella provenienza, data la posizione della città lungo la Via della Seta.
Agnello e maiale, sono le carni protagoniste di alcuni dei piatti principali, come il roujiamo, uno dei cibi di strada più famosi di Xi’an. Un croccante pane dalla crosta delicata, ripieno di carne di maiale tagliata a dadini e saltata con peperoni verdi e coriandolo.
Uno street food che abbiniamo alla birra belga “Triple Karmeliet”, una strong ale la cui ricetta, creata dai monaci carmelitani di Dendermonde, risale a oltre tre secoli fa. Il gusto è fresco e di grande fascino, scende felice al palato, grazie ad una miscela di tre malti, avena, orzo e frumento.
Da provare, sempre dal territorio di Xi’an le eccellenti tagliatelle “biangbiang” larghe e molto lunghe. Vengono servite asciutte con carne di maiale o manzo e diverse verdure a tocchetti. Saporite e davvero buone. Il nome particolare è onomatopeico, si riferisce al rumore (biang) che fa la pasta quando viene stesa e sbattuta sul tavolo di lavoro. A questa pienezza gustativa, è sempre un piacere abbinare una birra di corpo e struttura come la famosa irlandese Guinness, in questo caso, la “West Indies Porter”. La ricetta risale al 1801, ed era la birra dei “Pirati dei Caraibi”, più immaginifica di così … dal gusto ricco e complesso con note di cioccolato e caffè. In alternativa una birra, all’opposto, chiara e leggera, che riposi il palato. La scelta è sulla tedesca “Hacker-Pschorr Münchner Hell”, una lager dal delicato equilibrio e leggero sentore di lievito.
Dicevamo della tradizione cinese, quella dei piatti storici. La provincia è quella del GuangDong, ovvero la cucina cantonese. Due classici: “Riso alla Cantonese” e “Maiale in agrodolce”. Per il riso, perfetta la “Duvel 666”, dal Belgio. Una strong lager dalla schiuma fine e persistente: il sapore conquista al primo sorso per il suo equilibrio, quella nota agrumata e un finale delicatamente amaricante. Con il maiale stappiamo una birra che è un inno al luppolo. Dalla Gran Bretagna la “Beavertown Lupoloid” con note pungenti e luppolate, regala un sorso che resta preciso nella memoria brassicola di ogni beerlover. Il birrificio è stato fondato a Londra da Logan Plant, figlio del frontman dei leggendari Led Zeppelin.
Dalla cucina dello Zhejiang, provincia sita sulla costa orientale, scegliamo un piatto semplice ma di grandissimo sapore “Gamberetti fritti con tè Longjing”. Per ben accompagnare la consistenza del fritto e goderci un’ottima birra, scegliamo una zero alcool, nello specifico “Heineken 00”. Tutto il bello di una birra senza alcuna presenza alcolica.
E per concludere in grande stile questo viaggio nella cucina cinese scegliamo un piatto storico, “Anatra laccata alla pechinese”. Questa specialità veniva servita, fino alla metà del 1800, solo alla Corte Imperiale. Oggi è la regina dei migliori ristoranti cinesi in tutto il mondo e viene servita “al carrello” con un rituale preciso e affascinante. Un piatto di grande soddisfazione al quale abbiniamo una duplice proposta birraria, altrettanto nobile. Tre birre belghe di Abbazia, genere molto apprezzato niente meno che dal Re d’Inghilterra Carlo III.
Prodotta nella “Abbaye de Forest”, gestita per lungo tempo dalle Badesse Benedettine, scegliamo la “Brune”, una ambrata dal corpo ricco e dalla schiuma intensa. Dalla Abbazia benedettina di Affligem, ecco la “Rouge” alla spina. Elegante e corposa, dal gusto piacevolmente speziato. La birra Chimay prende il nome dalla zona dove sorge l’Abbazia di Scourmont. Il consiglio per l’abbinamento con l’anatra alla Pechinese è la “Chimay Triple” anche questa alla spina. La ricetta è invariata da quando Padre Theodore la creò.